Il glutammato monosodico, noto anche come MSG, è un ingrediente che si trova in moltissimi alimenti senza che la maggior parte delle persone se ne renda conto. Questo perché non sempre viene indicato chiaramente in etichetta: può essere mascherato da numerose denominazioni, sigle o termini poco familiari. Il suo scopo principale è quello di esaltare il sapore dei cibi, ma non tutti lo tollerano allo stesso modo. Alcuni possono manifestare mal di testa, altri una sensazione di calore o disagio dopo averlo consumato. Ma dove si nasconde esattamente?
Attenzione ai cibi industriali
Una vasta gamma di prodotti industriali contiene glutammato, in particolare quelli pensati per mantenere un gusto intenso e gradevole a lungo. Un esempio tipico sono i dadi da brodo: piccoli, pratici e dal sapore deciso. Anche zuppe pronte, salse confezionate e piatti surgelati spesso lo annoverano tra gli ingredienti. La presenza di glutammato non è sempre immediatamente riconoscibile, poiché può essere inserito sotto forme e nomi differenti. Per questo motivo, leggere attentamente le etichette è fondamentale per essere consapevoli di ciò che si porta in tavola.

Un suggerimento utile è prestare attenzione alle sigle che vanno da E620 a E625: queste identificano diversi tipi di glutammati, utilizzati come esaltatori di sapidità. Anche la dicitura “acido glutammico” è un campanello d’allarme, poiché rappresenta la base chimica da cui si ricava il glutammato. Altri nomi meno intuitivi sono “proteine idrolizzate” e “caseinati”, che possono nascondere glutammato tra i loro componenti. Non tutti sanno che persino la voce “aromi naturali” può includere questa sostanza.
Il glutammato non è soltanto un additivo di sintesi: si trova anche in natura, presente in molti alimenti ricchi di proteine. Il Parmigiano Reggiano, ad esempio, ne contiene una quantità significativa, ma in una forma naturale. Anche carne, pesce e alcuni latticini lo sviluppano durante la stagionatura o la cottura prolungata. Il nostro organismo riconosce il glutammato allo stesso modo, sia che provenga da fonti naturali sia che sia stato aggiunto industrialmente.
Glutammato monosodico e glutammato naturale
Non è quindi necessario demonizzare ogni alimento che contiene glutammato. È importante distinguere tra quello naturalmente presente e quello aggiunto come additivo. Il problema principale sorge quando il glutammato viene impiegato in grandi quantità nei cibi industriali, spesso per mascherare la scarsa qualità degli ingredienti di base. Un brodo preparato in casa, ad esempio, può essere ricco di sapore senza alcun bisogno di additivi: basta cuocere con pazienza ossa e verdure fresche.

Le insidie nelle etichette sono numerose. Spesso si trova la dicitura “estratto di lievito”, che può essere una fonte di glutammato. Anche termini generici come “aromi” o “condimenti” possono celare diversi ingredienti, tra cui il glutammato. Se si è particolarmente sensibili o si desidera limitarne l’assunzione, è consigliabile dedicare qualche minuto alla lettura attenta delle etichette. Una volta imparati i nomi sospetti, evitarli diventa molto più semplice.
Esistono numerosi insaporitori naturali che possono sostituire il glutammato senza alcuna difficoltà. I funghi shiitake secchi, ad esempio, sono ricchi di umami e conferiscono un gusto intenso ai piatti. Anche le acciughe o una salsa di soia di qualità possono arricchire le preparazioni senza ricorrere ad additivi. Spesso basta una cipolla ben rosolata o l’uso sapiente di erbe aromatiche per ottenere risultati simili. Serve solo un po’ di pratica e la voglia di cucinare con maggiore attenzione.
Attenzione ai salumi industriali
Anche le spezie possono essere preziose alleate in cucina. Curcuma, pepe nero, paprika affumicata: tutte contribuiscono a dare carattere ai piatti, facendo dimenticare la mancanza del glutammato. Eliminare questo additivo non significa rinunciare al gusto, anzi: spesso si riscoprono sapori più autentici e profondi, imparando a valorizzare meglio il sale e gli altri ingredienti.

Nei salumi industriali, il glutammato viene spesso utilizzato per intensificare il sapore e prolungare la conservazione. Prosciutto cotto, mortadella e salame prodotti su larga scala ne sono frequentemente ricchi. Anche in questo caso, l’etichetta è un valido alleato: la presenza di sigle insolite o di un elenco ingredienti troppo tecnico può indicare l’uso di additivi. Preferire prodotti artigianali o con una lista ingredienti più semplice può essere una scelta vantaggiosa per chi desidera evitare il glutammato.
Tra gli alimenti insospettabili rientrano anche le verdure in scatola e i piatti pronti da riscaldare. Nonostante possano sembrare salutari, spesso vengono trattati con esaltatori di sapidità per renderli più appetibili. Persino il tonno in scatola può contenere ingredienti inattesi. Non è necessario eliminarli del tutto dalla dieta, ma è importante essere consapevoli di ciò che si acquista. L’abitudine di cucinare da zero rimane sempre la scelta più sicura.
Sensibilità al glutammato
Alcune persone manifestano una particolare sensibilità al glutammato, con sintomi lievi ma fastidiosi. Si parla spesso della cosiddetta “sindrome del ristorante cinese”, anche se non tutti i casi sono stati scientificamente confermati. Mal di testa, sudorazione, senso di pressione al petto: sono disturbi segnalati da alcuni consumatori. Non è detto che dipendano esclusivamente da questo additivo, ma nei soggetti predisposti può rappresentare un fattore scatenante.

Le principali autorità sanitarie internazionali considerano il glutammato sicuro entro determinati limiti di consumo. Non è vietato, né classificato come pericoloso in senso assoluto. Tuttavia, la sensibilità individuale può variare molto, perciò è importante prestare attenzione alle proprie reazioni. Se dopo aver consumato alimenti confezionati si avvertono sintomi insoliti, può essere utile monitorare la situazione e, se necessario, ridurre l’assunzione di glutammato.
Infine, va sottolineato che la cucina moderna tende spesso a privilegiare sapori forti e immediati. Il glutammato si inserisce perfettamente in questa tendenza: cibi pronti, dal gusto intenso al primo assaggio, ma talvolta privi di profondità. Ritornare a una cucina più semplice e casalinga può essere un modo per riscoprire sapori autentici e opporsi all’omologazione del gusto. Non occorre essere chef esperti: bastano pochi ingredienti di qualità e un po’ di cura nella preparazione.